UNA TRAGEDIA GRECA CLASSICA PER LA PRIMA VOLTA IN SCENA A TORREMAGGIORE IL 9 OTTOBRE 2022 DALLE 19.30 AL CASTELLO DUCALE DE SANGRO SCRITTA E DIRETTA DAL DOTT WALTER SCUDERO

   L’“Egisto – Tragedia Greca Classica in 6 Episodi e 6 Stasimi” – scritta e diretta da Walter Scudero, con  messinscena  destinata all’Aula Magna del Castello ducale di Torremaggiore e programmata, col patrocinio del Comune, per il 9 ottobre 2022, è, in assoluto, la prima rappresentazione di tale tipologia, presentata, sino ad ora, nella nostra città, da una compagnia filodrammatica. La vicenda in essa narrata si ispira alla saga della sanguinosa faida degli Atridi, evento storico sconfinante nel mito, in un testo originale che attinge ai soggetti drammaturgici della tragediografia classica di Euripide, Sofocle, Eschilo, Alfieri e Foscolo.

   La trama su cui tale dramma s’impianta è la seguente: l’Atride Agamennone, capo degli Achei nella guerra contro Troia, dopo dieci anni, sta tornando vittorioso a Micene, della cui città è re. Sua moglie Clitennestra non gli ha mai perdonato l’uccisione della loro prima figlia Ifigenia, immolata in sacrificio ad Artemide, su avviso dell’indovino Calcante, al fine di ingraziarsi, alla partenza per Troia dieci anni prima, il favore degli Dei e dei venti del mare. Resta in Micene, accanto a sua madre Clitennestra, Elettra, la seconda figlia ed Oreste, questi ancora molto piccolo. Mentre Elettra attende ansiosamente il ritorno del padre, Clitennestra, al contrario, si mostra sempre più ostile, essendosi legata, nei dieci lunghi anni trascorsi, ad Egisto, il losco cugino di Agamennone, suo nemico per faida familiare, il quale aspira al trono di Micene. Nonostante dissuasa da Elettra, Clitennestra, ormai succube di Egisto, che l’ha irretita nella sua trama pur fingendosi inerme, sottomesso ed innamorato, arriva a concepire l’orrenda risoluzione di ammazzare, sanguinosamente e di proprio pugno, suo marito Agamennone non appena sarà tornato alla reggia di Micene. In una notte orrida ed oscura, approfitterà del momento che egli, nudo ed inerme, starà trovando ristoro in un bagno, per intrappolarlo in una rete e, aizzata da Egisto, maciullarlo con una terribile lama. Alle urla di suo padre ferito mortalmente, Elettra accorrerà trovando sua madre insanguinata, ancora armata ed attonita nella consapevolezza dell’orrore dell’atto commesso. Elettra le toglierà di mano la lama e, sollevandola al cielo, quasi divenuta Dike, dea della giustizia, giurerà futura vendetta, su di lei e su Egisto, quando suo fratello Oreste – da lei accortamente posto al sicuro lontano da Micene – sarà divenuto adulto.

   Al fine di giustificare la messinscena di una tragedia classica in una sala castrale tardo-cinquecentesca, il regista Scudero ha escogitato di farla presentare, in un apposito intro, dal personaggio di Giovan Francesco de’ Sangro, I° Duca di Torremaggiore  e I° Principe di Sansevero, nell’atto di ospitare come pubblico, assieme alla sua consorte, Donna Andreana Carafa della Spina, amici e sudditi. E, onde chiarire all’uditorio degli intervenuti la complessità degli eventi della faida degli Atridi, anticipatori e moventi della tragedia, il regista ha, altresì, introdotto, come Prologo, un altro personaggio solitamente escluso dalle precedenti classiche versioni del dramma: l’indovino Calcante.

   Un Coro di sei elementi ambosessi, governato da un corifeo, introduce e/o commenta, negli stasimi – così come previsto dalla tragediografia classica greca – i sei episodi; due momenti coreografici, in Parodo ed Esodo, aprono e chiudono la rappresentazione.

   Ogni momento della stessa, presentata in costume d’epoca, è corredato da musiche strumentali arcaiche, immagini ed effetti scenici, messi in atto, secondo precise indicazioni registiche, dall’inappuntabilità di un service luci-audio-effetti. 

   Il cast al completo, con personaggi ed interpreti, è indicato nella locandina dello spettacolo, di cui qui si riporta immagine.

   In un’accompagnatoria alla brochure-invito, così l’Autore-regista scrive:

“… mi sono orientato a tale difficile impresa, consapevole che il Teatro e la sua Cultura non possano né debbano essere unicamente orientati a ‘far ridere’, bensì ad avvincere e, altresì, a riscoprire antiche, affabulatorie ed eterne vicende sconfinanti nel mito. Né si può ghettizzare la Classicità, destinandola ai soli grandi teatri tragici come quelli di Siracusa, Taormina, Segesta e quanti altri. Spero di esservi, in qualche modo, riuscito almeno in parte; sarebbe già tanto che mi venisse riconosciuto, assieme al mio cast, il coraggio di esserci inoltrati in un tale delicato contesto, ancorché osando farlo, armati del solo nostro inerme entusiasmo.